Palladino: Gasperini ha contribuito a rivoluzionare il calcio
“Quello che non ho fatto da giocatore lo farò da allenatore”. A dirlo è Raffaele Palladino, tecnico del Monza, nella lunga intervista a So Foot: “Rimpianti? No, ho dato tutto, ero un grande professionista.
A 21-22 anni ero titolare alla Juventus, mi hanno cercato tante squadre come il Manchester United. Non ci volevo andare perché non parlavo bene l’inglese ed ero felice dov’ero. L’unico neo sono gli infortuni: a 24 anni ho iniziato ad avere problemi alle caviglie, ho dovuto operarmi, ho avuto una ricaduta. Fa parte del gioco, ho smesso a 34 anni avendo dato tutto”.
Sul modo di giocare.
“È richiesto da me. Dopo un anno e mezzo credo di potere dire che ce l’abbiamo fatta: l’anno scorso da neopromossi potevamo essere una sorpresa, ora c’è la conferma. Prima di tutto perché la squadra crede in quel che fa, è gratificante per un allenatore sentire la fiducia di un giocatore. La vittoria contro il Milan, per 4-2, è stata magnifica. Uscivamo da un periodo in cui giocavamo bene ma senza vincere, poi abbiamo ottenuto questa vittoria giocando il nostro calcio”.
Merito di Guardiola o Gasperini?
“Di entrambi. Di Guardiola ho recuperato i principi del gioco: la ricerca del comando, il fatto di partire da dietro, attaccare con tanti giocatori, essere tecnicamente forti, avere giocatori intelligenti.
Direi che c’è questo in comune, poi lui lo fa a livello molto, molto alto e, soprattutto, non credo funzioni copiare tutto. Da una parte devi mettere qualcosa di tuo. Pep non è la mia unica ispirazione, ho preso tanto da Gasperini e Juric.
Per esempio: la capacità della mia squadra di essere in grado di attaccare l’avversario molto in alto. Il cuore del nostro gioco è basato sull’occupazione dello spazio. Non è facile spiegarlo, né insegnarlo sul campo. Ma quando i giocatori capiscono vedi i frutti, devi metterli nelle migliori condizioni possibili e poi spetta a loro. A volte ti trovi con un difensore in attacco.
Cerchiamo di avere equilibrio, sganciare un difensore quando difendi a tre significa attaccare in modo sicuro spazi liberi, ma anche creare superiorità in ripartenza. Questo l’ho preso da Gasp, mio maestro a Genova. Ha partecipato a rivoluzionare il calcio. Tutti dicevano che non era possibile giocare a tre, lui lo ha fatto”.